Ho sempre fatto esperienza della scrittura come di uno spazio, un luogo con caratteristiche più o meno fisiche – un luogo di finzione, un luogo di onestà. Non so bene che luogo andrò a costruire qui, so però che sarò sempre libero di entrare e uscirne. Con questo, invito anche te ad entrare e sederti, magari portando con te un pezzo in più o portando qua qualcosa che aiuterà a edificare e star più comodi.
Benvenutx.
Inizierò proprio da qui, dal (provare a) sentirmi a mio agio, comodo – anche un po’ scomodo. Sara Ahmed nel libro “The Cultural Politics of Emotions” scrive che pensare al comfort è un buon luogo di partenza per pensare. Ahmed nella bio sul suo sito si presenta così: “Mi chiamo Sara Ahmed e sono una scrittrice femminista e ricercatrice indipendente. Il mio lavoro si colloca all’intersezione di studi femministi, queer e razziali. La mia ricerca si concentra su come i corpi e i mondi prendano forma; e come il potere è assicurato e sfidato nei mondi della vita quotidiana così come nelle istituzioni culturali”. Io non saprei bene come presentarmi, ma il lavoro di Ahmed mi sta molto a cuore.
Nello stesso libro Ahmed usa l'immagine di un corpo che affonda in una sedia comoda per spiegare come, quando i corpi si sentono a proprio agio, si estendono facilmente negli spazi e viceversa: l’attrito con la superficie scompare e le norme lasciano spazio alle abitudini; i muscoli involontari prendono il controllo e respirare non è mai stato così facile. Struttura, funzione, contrazione, indolenzimento, alcalinità: niente di tutto ciò.
C’è stato un periodo in cui ero ossessionato con le sedie, sia l’oggetto-archetipo sia le sue varie materializzazioni e declinazioni: ogni qual volta mi imbattevo in una sedia o in una sua rappresentazione, me lo segnavo o scattavo una foto (il mio primo tatuaggio è stato proprio una sedia). Trovo tutt’ora la sedia un oggetto incredibile e misterioso nella relazione che stringe con il corpo. Se spoglio la sedia dalle dinamiche di potere, di lavoro, di casa e di famiglia, cosa ne rimane? Rimangono i confini di un corpo, una parte fine, sottile.
Nel film Juno (2007), la sequenza che apre la storia ha come focus una poltrona marrone scamosciata ed è accompagnata dalla voce di Juno che dice “tutto è cominciato con una poltrona”. In una recente intervista, Elliot Page, l’attore protagonista del film ha detto: “People, especially teenage girls, really responded to that character, Juno. The clothing—which was just me taking a producer to used-clothing stores in Vancouver. The vibe—something that was, if not nonexistent . . . it was new for a film that reached the audience it reached, and with her as the title character. It related to my queerness and my transness.” Quando ero nel mio periodo di fissa con le sedie, il sedersi, il sentirsi a proprio agio occupando spazio nel proprio corpo, quella poltrona, quella scena e il personaggio di Juno avevano un significato più profondo, che andava a centrare qualcosa dentro me in pieno.
Con l’immagine della sedia comoda, Ahmed sottolinea come sia difficile notare il comfort quando si è confortevoli. In particolare, concentra il suo discorso sui corpi queer e su come, spesso, il sentirsi a proprio agio sia riservato a corpi cisgenere ed eterosessuali. Riflettere sul proprio comfort è perciò un buon punto di partenza per pensare e per pensare al comfort si deve passare dal proprio corpo.
Di recente sono andato a trovare la mia famiglia. Qualche ora prima di ripartire, ho iniziato a sfogliare alcuni diari degli anni superiori-università e mi ha molto stupito leggerli. Non ho ricordi precisi di quel periodo e le volte che provo a ricostruirlo, riesco solo a ricordare quanto mi sentissi solo e pieno di tristezza – quasi mi sembra di esagerare. Su quei diari però c’è scritto tutto, di quanto stessi male e di quanto mi stesse stretto tutto quello che ero. Mi sono stupito di quanto io abbia scritto in questi anni, a partire dai diari e i vari blog che ho tenuto nel tempo. Documentare ha segnato la mia vita – la differenza tra le parole di allora e quelle di adesso è dentro di me (svariati metri che fanno compagnia ai miei organi) e mi rende ciò che sono. Una persona, e c’è del buono e c’è anche del bello.
Lo scrittore e filosofo Paul B. Preciado in un articolo del 2016 parlando del suo nuovo appartamento ad Atene crea un parallelismo tra questo, privo di armadi, mobili e superfici comode in cui affondare, e il suo nuovo corpo trans. “Corpo e spazio si fronteggiano senza mediazioni”. Il testo scritto è un luogo in cui esercitare il mio corpo, vederlo cambiare, allungarsi e tendere alle sue singole parti; un posto in cui posso pensare al mio comfort e al mio discomfort. Scrimolo inizia da una stanza vuota, piena di luce.
Io sono Mino e mi piace scrivere. Per ora mi presento così. Alla prossima.